La paura più grande (e lecita) di chi è solito fare uso di cannabis light (quella a basso tenore di THC) consiste nell’essere sottoposti ad eventuali controlli antidroga sul lavoro. A tal proposito, le domande più frequenti degli utilizzatori di cannabis light riguardano i livelli di THC contenuti nella marijuana legale e la durata del THC nelle urine e nel sangue. C’è davvero da preoccuparsi o si tratta di timori privi di fondamento?
Innanzitutto, va specificato come la sostanza incriminata sia il THC, l’unica rilevabile mediante i test antidroga e soggetta a penalizzazione. Il tetraidrocannabinolo, infatti, è la molecola psicoattiva della cannabis e, di conseguenza, è la sola responsabile degli effetti psicotropi della marijuana.
Al contrario, il CBD, spesso pubblicizzato per le sue proprietà antinfiammatorie, rilassanti e antidolorifiche, non viene rilevato da alcun test antidroga (in quanto non psicoattivo). Ciò vuol dire che la legge sulla cannabis light non impone limiti al consumo di CBD.
Quali sono i tipi di lavoro soggetti ai test antidroga?
I controlli antidroga sul lavoro coinvolgono soprattutto gli addetti al trasporto e i lavoratori le cui mansioni comportano rischi particolari in tema di sicurezza. Ecco di seguito una lista dei tipi di lavoro soggetti ai test antidroga:
- I conducenti di veicoli per i quali è richiesta la patente di guida
- Gli addetti alle macchine impiegate per la movimentazione merci (muletti e simili)
- Il personale addetto alla lavorazione e alla produzione di materiali o sostanze pericolose
- Gli infermieri e il personale sanitario impiegato negli ambulatori privati
Nonostante i controlli siano a discrezione del datore di lavoro, l’obbligo di sottoporsi ai test riguarda soltanto il personale che ricopre gli incarichi indicati all’interno dell’Intesa Stato/Regioni del 2008. Gli altri lavoratori presenti nell’organico aziendale non sono soggetti ad alcun controllo. I test antidroga vanno ripetuti con cadenza annuale e riguardano sia il personale già presente in organico che i lavoratori appena assunti.
Nel caso in cui i risultati fossero positivi, il lavoratore dovrà ritenersi temporaneamente inidoneo al servizio e quindi sospeso dalle sue mansioni. Tuttavia, l’esito positivo dei test antidroga non comporta la risoluzione del rapporto di lavoro: l’azienda, se lo ritiene opportuno, può scegliere di assegnare un incarico diverso al lavoratore.
Che tipi di analisi esistono e quanto tempo resta in circolo il THC?
Quello più diffuso è l’esame delle urine, un test in grado di rilevare la presenza di THC-COOH, un catabolita (ovvero una sostanza di scarto) del THC. Quest’elemento può restare nel sangue anche per diverse settimane. Tuttavia, non si tratta di una sostanza psicoattiva, pertanto una sua eventuale presenza indica soltanto l’uso passato di THC. In caso di positività al test delle urine, è possibile che l’azienda suggerisca un secondo controllo più attendibile, ovvero le analisi del sangue.
Infine, va segnalata anche l’esistenza dell’esame del capello, meno diffuso rispetto ai precedenti poiché molto più costoso. Ma per quanto tempo il THC resta nel corpo? I tempi di permanenza del THC nel sangue sono legati alla predisposizione del soggetto e alla capacità del suo organismo di smaltirne i metaboliti. In ogni caso, la loro permanenza nel sangue difficilmente supera le 12/15 ore. Il discorso cambia per i fumatori abituali, i quali dovrebbero osservare almeno 48 ore di totale astinenza prima di sottoporsi ai controlli. In questi casi, non è difficile individuare tracce di THC nel sangue anche a distanza di 7/10 giorni. Il THC nelle urine, invece, è rilevabile per un periodo pari a 3/4 settimane. Trascorso questo lasso di tempo, le tracce scompaiono.
Il CBD può essere rilevato? Ha conseguenze legali?
Il CBD non è una sostanza psicotropa (non altera le normali capacità psichiche e fisiche della persona) e, come indicato dalla legge sulla cannabis light, non è in alcun modo vietata. Come anticipato, la presenza di CBD si accompagna spesso con un contenuto minimo di THC, uno dei cannabinoidi più importanti della canapa sativa. Il tetraidrocannabinolo è l’unico protagonista dei test antidroga ed è anche il solo elemento sottoposto a regolamentazione dalla legge italiana.
Per effetto delle recenti disposizioni relative ai prodotti contenti CBD, il contenuto di THC non può superare la soglia dello 0,2% (con una tolleranza massima pari allo 0,6%). Ciò vuol dire che la presenza di valori simili negli esami delle urine o del sangue non sono perseguibili per legge. Tuttavia, un consumo particolarmente elevato e, soprattutto, costante nel tempo, oppure una marcata predisposizione all’accumulo di metaboliti da parte dell’utilizzatore, potrebbero variare l’esito dei controlli.
Per tale motivo, nonostante la cannabis light contenga livelli bassissimi di THC, il consiglio è di essere prudenti e valutare anzitempo l’uso di prodotti legali a base di CBD. In ogni caso, chi ne fa un uso sporadico non dovrà temere alcunché.
Proprietà del CBD
Il cannabidiolo è uno dei principi attivi della cannabis sativa ma, a differenza del THC, possiede numerosi benefici. È utile nel trattamento di alcune patologie infiammatorie e di numerose sindromi psicotiche. Come sottolineato in precedenza, il CBD non ha nessun effetto psicoattivo. Questa sostanza ha mostrato ottimi risultati in termini di riduzione delle infiammazioni. Infine, è in grado di sedare gli effetti psicotici ed euforizzanti del THC, tra cui battiti accelerati, ansia, tremori, etc. Ecco spiegato perché potrebbe essere consigliato usare il CBD ad alte concetrazioni e minime invece di THC.
Conclusioni: meglio usare il CBD ?
La verità è che, come al solito, moderazione e buon senso sono le cose più importanti: soltanto in questo modo sarà possibile risultare indenni ad eventuali test.
Come qualsiasi altra cosa, infatti, canapa legale e derivati andrebbero consumati con parsimonia. Il cannabidiolo è uno dei 140 cannabinoidi contenuti nelle infiorescenze della canapa. Il CBD non ha alcun effetto psicotropo, ma vanta interessanti proprietà distensive e antinfiammatorie. In ogni caso nei prodotti al CBD il contenuto di Thc non può per legge superare lo 0.2% . Inoltre alcuni estratti di CBD puro non contengono alcuna percentuale di THC. Il consumatore può quindi stare tranquillo.